Copertina courtesy  CIACCIA LEVI, Paris - Milan
PIOTR MAKOWSKI, Kompozycja S 12, 2019. Inks on canvas, 164 × 205. Courtesy the Artist and Ciaccia Levi, Paris - Milan


La sesta edizione del March Meeting che si è tenuta, come ogni anno dal 2008, a Sharjah, ideata e curata da Hoor Al Qasimi e dedicata al concetto di collettivo è l’occasione per una riflessione. Il titolo del convegno era Tawaishujat che in arabo significa connettere insieme, unificare, e chiama a raccolta pensieri, pratiche sociali e culturali incentrate sulla solidarietà e la collaborazione.
Vite e vie filosofiche
Ubaldo Fadini
Ho avuto la fortuna di studiare filosofia a Firenze negli anni 70. La sede del corso di laurea in Filosofia – per la facoltà di Lettere e Filosofia – era quella un po' scomoda di via Bolognese e comunque là si dava la possibilità di seguire le lezioni di Eugenio Garin, Cesare Luporini, Ettore Casari, Paolo Rossi, Francesco Adorno, Andrea Vasa e molti altri significativi studiosi. Diverse erano le linee di ricerca che s'incontravano in quelle aule: analisi raffinate di carattere logico, teoretico, storico-filosofico, filosofico-morale e filosofico-politico.
Le assonanze e le co-implicazioni tra la riflessione di Michel Serres e le idee postumaniste di corpo e soggettività (Alaimo, Braidotti, Marchesini) si possono riconoscere agevolmente, soprattutto se, seguendo l’esempio serresiano, si fa leva su una preposizione e la si assume come dispositivo metodologico per sondare/esplicitare le stesse assonanze. Quella che qui sembra fare al caso è trans, attorno alla quale non per niente Serres sviluppa il suo pensiero sul tradurre (traduire, trans-ducere) e la traduzione (traduction).


Sguardi che bruciano
Federica Cavaletti
Genealogie plurali
Alessandro Arienzo
Stefania Mazzone


Di fatto, a prima vista, la giustizia ecologica non sembra avere una relazione con il tradimento se per tradimento intendiamo la rottura del rapporto fiduciario con una singola persona. Ma, nel caso del tradimento ecologico, se lo stato deve tutelare sé stesso, rappresentando l’insieme di individui, come può reagire emotivamente attraverso la giustizia?
Osservando il mondo contemporaneo e più nello specifico soffermandomi a guardare le nuove generazioni formate da ragazzi e ragazze che stanno “provando” a dar vita al loro futuro, non riesco a far a meno di notare come predomini un senso di “infelicità” e “insicurezza” forse anche di “disinteresse” rispetto al proprio essere in relazione con sé e con l’altro. Prevale e permane il forte legame tra incertezza e dubbio.

Di fronte all’ultimo film di Wim Wenders, apprezzato affresco sulla semplicità della vita di un addetto alle pulizie delle toilettes pubbliche a Tokyo, si rimane affascinati dalla profondità di un’interrogazione che, pur secondo differenti – e divergenti – modalità, ha coinvolto una parte consistente degli intellettuali del secolo scorso: l’interrogazione intorno al quotidiano, all’essenza e all’esperienza del quotidiano.

Di Croce, di Gramsci e della Terra 6. Gramsci, Croce, i contadini e la Terra
(appunti del tutto provvisori per una ricostruzione della tradizione filosofica italiana)
Manlio Iofrida

Riassumendo in breve il percorso che abbiamo compiuto, ricorderei innanzitutto quei “caratteri originali” della civiltà italiana dei secoli XIII-XVI che, per ora, ne costituiscono il culmine: scoperta e invenzione insieme della natura, rapporto col sensibile, col percettivo col corporeo; rapporto profondissimo con la storia, per il peso determinante della civiltà romana che permane in quella italiana, ma anche per le capacità di sintetizzare quest’ultima con la tradizione romanza, cristiana e medioevale.

La figura della madre, con la sua “potenza simbolica”, legata all’origine della vita, dell’essere, non cessa di alimentare l’immaginario letterario e filosofico contemporaneo. Per riscoprire un potere che la cultura patriarcale ha rimosso, confinandolo fra mura domestiche, cercando di sorvegliare e controllare, anche con l’aiuto della tecnologia, l’operato femminile. E’ intorno a questa figura che ruota Madrebianca (Passigli editore) di Rosalba De Filippis, poetessa tesa a costruire una lirica della quotidianità.
In Blues e femminismo nero di Angela Davis ci sono delle straordinarie pagine dedicate alle implicazioni sociali delle canzoni d’amore di Billie Holiday, artista nera profondamente radicata nella tradizione blues – nonostante il blues da un punto di vista formale abbia un ruolo minimo nel suo repertorio – come prodotto culturale nato nella dimensione schiavista e oggetto di elaborazione ulteriore per sfidare le traiettorie consuete della popular music.

Ayoung Kim è un’artista multimediale, che si esprime con video, immagini in movimento, installazioni videoludiche, performance; usa il video mescolando modalità differenti quali l’animazione 3D, il gaming, la motion capture e altri dispositivi altamente complessi come Lens-Based Media. Ne risultano storie stranianti dove il tempo e lo spazio scivolano l’uno sull’altro creando diversi mondi interconnessi e mobili. Al centro dei suoi lavori c’è un’indefinitezza spazio-temporale avvincente e il concetto di viaggio legato a persone, dati ed oggetti.
Ayoung Kim, Delivery Dancer's Sphere, 2022, video

Recentemente si è svolto a Milano (in CSOA COX 18, Conchetta) un incontro dal titolo  “Per una critica del presente. Dalla crisi alla critica del quotidiano”, organizzato per festeggiare i 30 anni di ricerca filosofica (1993-2023) di “Millepiani”, diretta da Tiziana Villani.
La parola «perturbante» in tedesco ha una valenza ambigua: heimliche, infatti, può significare contemporaneamente «familiare» e il suo contrario, è il termine stesso ad essere unheimlich, ovvero nascosto, tenuto celato, ed è a partire dal suo significato che il perturbante prevede un annullamento degli opposti.
Emma Masut, senza titolo, olio e grafite su tavola, 20x14,5 cm, 2023

In un lembo di paese in cui la storia ha tradito il mito, dove scendendo verso sud la terra pare abbandonarsi alla dolcezza del mar Ionio e, dal lato opposto, conserva conoscenza dell’asperità della montagna, nei pressi del piccolo centro di Mammola - celebre per la lavorazione dello stocco -, sorge, quasi improvvisamente, su una rupe, una delle più interessanti esperienze artistiche del secondo Novecento italiano, il parco-museo «laboratorio vivo» Musaba.

L'hauntology interseca l’ampio campo degli studi culturali, stimolando esami critici sul modo in cui la società affronta la propria storia. Il concetto getta luce sugli artefatti culturali, le ideologie e gli eventi, privati e collettivi, che sono stati soppressi o dimenticati, solo per riemergere secondo modalità inaspettate e spesso inquietanti. Analizzando queste riemersioni, è possibile scoprire tensioni sottostanti, traumi non affrontati e questioni irrisolte che continuano a plasmare la psiche collettiva.
Luca Campestri, Spettri, 2022, installazione video, 1h 16min, dimensioni variabili, ed. 1/3. Courtesy Studio la Linea Verticale

Lo splendido libro di Luisa Passerini, In difesa di don Giovanni. Mitobiografia di una femminista (Manifestolibri, Roma 2020), ci porta a riconoscere , con  Bernhard, come la vicenda biografica non si limiti alle articolazioni dell'io ma si inserisca all'interno di un complesso di relazioni biologiche, sociali, simboliche, culturali, storiche, che la concretizza multilateralmente e così la significa sempre diversamente.

Hyesoo Park è un’artista che usa tecniche partecipative complesse con la collaborazione di artisti, ricercatori e specialisti di varie discipline. Il pubblico, che viene chiamato ad interagire, si trova immerso in situazioni che illustrano stati emotivi penosi e di estrema fragilità. Si tratta di un modo per descrivere la società coreana e in prospettiva una condizione generale e diffusa.

Hyesoo Park - Oasis Altar, 2021, Floral foam, dried flowers with dead time recorded, Variable Dimension, BMA. Image Courtesy. (Commissioned by BMA)

Carlo Fei, particolare di installazione di 80 polaroid stampate da digitale su carta fuji crystal archive a formare una unica linea di orizzonte. 0,12x800 cm
Per Carlo Fei, ancora
Ubaldo Fadini
Una nuova mostra di Carlo Fei, con una ben articolata storia di “scatti” che ci restituisce un passaggio importante, meglio: un tentativo di ripresa di dinamiche affettive – e quindi anche di spazi di affezione – che la fotografia sembra finalmente concretizzare quando dismette le vesti abituali della rappresentazione il più possibile fedele per porsi come un paradossale medium produttivo, generativo.

Nella trilogia Poena Damni dello scrittore greco Dimitris Lyacos, uno dei più importanti eventi letterari del XXI secolo, l’articolato mélange di differenti modalità di scrittura e di stili che compongono l’opera – concepita come un permanente work in progress, continuato per trent’anni e non ancora concluso – ha permesso più volte ai critici di presentare quest’opera come esempio di letteratura post-moderna.
Corpo a corpo
Raffaele Santoro
In un’opera del 1956 dal titolo Just what is it that makes today's homes so different, so appealing? (in italiano Che cosa rende le case di oggi così diverse, così attraenti?) Richard Hamilton ripensa lo spazio fisico – ma soprattutto politico – nel quale si muove l’uomo contemporaneo durante la sua quotidianità. Lo fa contrapponendo sulla scena elementi fortemente dissonanti tra loro, i cui legami e incroci appaiono del tutto arbitrari, mai definitivi, vulnerabili.

La pubblicazione del primo volume delle “opere” di Rachel Bespaloff, iniziativa editoriale di grandissimo respiro (prima edizione mondiale complessiva dei testi), consente di entrare in effettivo rapporto con una filosofa imprescindibile per qualsiasi tentativo di afferrare temi, motivi e figure essenziali della cultura novecentesca.
Forse nessun tema è evergreen quanto l’apocalisse, in cui peraltro l’accezione chiliastico-escatologica è andata sovrapponendosi al significato letterale originario di dis-velamento. Un fenomeno, questo, che, a ben guardare, sembra avere favorito la formazione di campi di forze nevralgici tra fine (ossia post e trans), inizio (ossia incoazione), che in qualche modo si richiamano, e appunto dis-velamento.
Soffermarsi sull’immagine anche quando questa appaia ridondante è un’abilità che va costruita e allenata in modo che diventi inconscia e naturale e non rimanga, invece, esercizio attivo. E forse non c’è palestra migliore in questo senso di testi dissonanti, in cui parola e immagine sembrano fare a pugni invece che prendersi a braccetto. Lì, difatti, si fa evidente come i due codici portino avanti discorsi paralleli non nel senso di ugualmente direzionati ma di eternamente disgiunti; dal cui raffronto continuo emerge il senso dell’opera.
La notizia è ormai sulla bocca di tutti: il rinomato editore HarperCollins, nell’ottica di una ristampa delle opere complete della signora del giallo, ha deciso di avvalersi del contributo dei cosiddetti sensitive readers, allo scopo di correggere, modificare e censurare passaggi dei romanzi dell’autrice di Miss Marple, per adattarli alla «sensibilità moderna», qualsiasi cosa essa sia. L’operazione ha causato – e c’era da aspettarselo – un turbine di polemiche, come era già avvenuto quando la stessa volontà s’era abbattuta sulla penna dello scrittore per ragazzi Roald Dahl o sul creatore di James Bond, Ian Fleming.
La vicenda di Alfredo Cospito, sviluppatasi in questi ultimi mesi, può essere letta su piani diversi: giuridico, politico, filosofico, sociologico, e così via. Vorremmo provare, in questo contributo, a superare una compartimentazione, e a provare una lettura della vicenda corredata da una breve genealogia storica, a partire dalla quale provare a trarre qualche spunto dal quale leggere la ridefinizione del potere in relazione al corpo del condannato.

The Sleeper (life size), Paolo Bufalini, 2022, courtesy l’artista e OmniArtVerse Foto: Manuel Montesano
Si intitola Land of Nod il progetto di Paolo Bufalini (Roma 1994) curato da Treti Galaxie come prima produzione all’interno di OmniArtVerse, laboratorio indipendente per le arti digitali. Tradotto in italiano come “mondo dei sogni”, nella sua accezione contemporanea indicherebbe la terra di coloro che si sono addormentati.
Nel tempo mi sono scontrata con l’opera di Audre Lorde e soprattutto con il suo saggio La poesia non è un lusso, contenuto nella raccolta ripubblicata nell’ultimo anno da Meltemi e intitolata Sorella outsider, in cui viene fuori tutta la forza del pensiero della femminista nera che ha straordinariamente anticipato la corrente dell’intersezionalità. 

Lo storico contemporaneista Davide F. Jabes ha pubblicato nell’ottobre scorso, per l’editore Solferino, una biografia di Adolf Hitler, intitolata Il leader. Adolf Hitler: la manipolazione, il consenso, il potere, che coniuga le ragioni spesso divergenti della ricerca scientifica e della divulgazione con chiarezza, rigore e rispetto delle fonti.
Alcuni dei tratti specifici di una politica d’emancipazione effettiva intesa come rottura, esterna o in eccesso, rispetto a determinate politiche istituzionali, richiamano il lavoro di molti studiosi che si muovono in un’ottica pedagogica, tra i quali mi sembra che spicchi Jacques Rancière, e il suo testo Il Maestro Ignorante, che mette originalmente in risalto il nesso essenziale di saperi e poteri proprio per ciò che riguarda il senso complessivo dell’agire formativo.

Le metropoli ci restituiscono paesaggi in trasformazione, vissuti freneticamente, con rabbia e intolleranza. Come se si ballasse ai margini di un futuro nebuloso e sempre più incerto. Che ristoranti, bar, negozi siano sempre più affollati non deve stupire, i sensi di colpa che non sono mai serviti a nulla, tantomeno ora possono esercitare un movimento critico che assuma il problema delle crescenti povertà e divari sociali.
Salvare l'arte o la natura?
Stefano Righetti
Volendo sospendere per un momento i risvolti penali del caso, quello che accade in questi giorni alle opere “attaccate” dagli attivisti nei musei pone una domanda sia sull’opera che sul museo e, in un certo senso, anche sul nostro andare per musei. E sul diverso valore della bellezza nell'era della distruzione climatica.
Devono essere passati forse quarant’anni dalla prima: la mia prima volta di Cantando sotto la pioggia, quando passavano i musical in tv e l’unica a vederli ero io, insieme a mia madre, mentre i miei fratelli si ribellavano a un genere che li annoiava. Oggi l’ho rivisto in versione restaurata e mi è sembrato molto meglio di come lo ricordavo


Will Benedict, Degrees of Disgust, 2019. Photo: Reto Schmid. Courtesy of the artist, Centre d’Art Contemporain Genève and Unemployed Magazine
Visitare la mostra di Will Benedict (1978), artista statunitense di base a Parigi, da la sensazione di immergersi completamente nel mondo contemporaneo fatto di una mirabolante serie di immagini statiche e in movimento, dove tutto viaggia a una grande velocità, in un melting pot totale di situazioni, narrazioni, stimoli e sensazioni. Ci si ritrova pienamente in quel regime visivo proprio della nostra era, quella della videosfera, di cui scriveva Régis Debray in Vita e morte dell’immagine.

Cos’è l’abisso? Chi ha assistito alla mise en lecture di En abyme è uscito dalla sala forse con questa domanda. Ciò che ha visto è una scena pressoché spoglia – due tavoli, quattro sedie, quattro microfoni, due attrici e due attori. In quello spazio volutamente minimale, chi era lì ad ascoltare ha però visto accadere qualcosa. Il testo di Djokovic è infatti capace di innescare, attraverso quattro voci che si alternano, nitide visioni di un abisso plurale.
Durante il governo golpista del generale Hugo Banzer Suárez fu creata una commissione di "distinti accademici", a cui fu affidata l'elaborazione di nuovi organi giuridici. La suddetta commissisone rispolverò la bozza che quasi un decennio prima era stata stilata dalla Commissione incaricata di stendere il codice penale, nominata dal presidente Víctor Paz Estenssoro nel 1962 e composta da Manuel Durán Padilla, Hugo Cesar Cadima Maldonado, Raúl Calvimontes Núñez del Prado e Manuel José Justiniano. Così, il generale Banzer Suárez, il 23 agosto 1972, promulgò il codice penale con il decreto legge n. 10426.
Paura
Vincenzo Scalia
Siamo di fronte al processo di produzione delle paure, che Stanley Cohen (1971), definiva come panico morale. Si tratta della percezione e della rappresentazione di specifici individui e gruppi sociali come una minaccia da parte della società affluente, che giustifica così la messa in atto di strumenti di controllo atti a neutralizzare la minaccia, ma che si rivelano a lungo termine penalizzanti per l’esercizio delle libertà fondamentali.

L'inumano in noi
Marcello Marino
Con la guerra in Ucraina è ricomparsa, nel dibattito pubblico, la categoria concettuale dell’inumano. Dopo una breve assenza nel periodo pandemico, in cui l’umanitarismo sembrava poter contare su un afflato universale che univa gli uomini a tutte le latitudini nella battaglia per la salvezza, l’evento bellico in Europa ha riportato al centro l’orrore della guerra, la sua inammissibilità e la sua inumanità.
Se c’è qualcosa che contraddistingue il lungo percorso della ricerca complessiva di Edgar Morin è la sottolineatura del bisogno quanto mai impellente di una “nuova civilizzazione”. Prendendo in mano i suoi tanti testi degli ultimi due decenni, non si può fare a meno di osservare come essi contengano una fenomenologia, preziosa concettualmente, riguardante i diversi mali della nostra civiltà.
Qualsiasi tentativo d'indagine che voglia investire il presente storico in cui viviamo non può non tenere conto della difficoltà che accompagnano il presentarsi alla coscienza del presente in quanto oggetto storico; ovvero in quanto "oggetto" che sfugge continuamente allo schema della conoscenza, per come esso è stato strutturato nell'immaginario filosofico occidentale. Niente è più estraneo al tentativo di penetrare l'enigma del presente che tentare di effettuare una manovra di "sorvolo", l'instaurazione di una distanza illusoria che ci permetterebbe di afferrare l'esteriorità del presente.

La complessità della realtà che stiamo vivendo, caratterizzata dai problemi e dalle sempre più difficili relazioni che si concretizzano tra ambiente, essere umano e processi educativi, fa da cornice alle convinzioni pedagogiche che indirizzano gli ordinamenti didattici generali.
Claudia Losi, Being There. Oltre il giardino, 2022, installation view © photo Ela Bialkowska, OKNOstudio
Da anni il lavoro di Losi si focalizza infatti sulla complessità dei processi di antropizzazione del paesaggio naturale e sulle dinamiche della socialità più in generale. La sua ricerca spazia dal disegno alla fotografia, dall’installazione ai progetti partecipativi, riflettendo idealmente l’odierno paradigma della multimedialità, intesa più in generale come il ricorso simultaneo a strumenti differenti per affrontare la complessità del reale.

Sia consentito partire da me. Per ricevere dei consigli sullo sviluppo del mio progetto di tesi di laurea su Walter Benjamin, decisi di contattare – erano gli anni '77 e '78 – uno studioso che aveva indubbiamente dimostrato di avere una straordinaria conoscenza dell'“oggetto”-“soggetto” del mio lavoro: Ferruccio Masini, noto germanista, tra l'altro, e anche filosofo di formazione. Mi recai allora da lui, che abitava fuori Firenze.
Cesare Pavese non ha ancora ricevuto l’attenzione filosofica che, ci pare, potrebbe meritare. Forse, perché la tradizione di studi filosofici prevalente nel nostro paese ragiona, in modo solo parzialmente sensato, in termini improntati alla filologia. Solo Elio Gioanola ha scritto un mirabile volume, completamente dimenticato, sulla Poetica dell’Essere pavesiana, collegando il nostro scrittore all’ultimo Heidegger.
Breve, momentaneo, temporaneo, passeggero, precario, fragile, labile sono aggettivi che le attuali contingenze pandemiche, ecologiche, climatiche, belliche, politiche, economiche, sociali ci hanno abituato a impiegare ormai quasi compulsivamente e indiscriminatamente per parlare dei minimi come dei massimi sistemi. Se stabilire una volta per tutte se è ‘la funzione che crea l’organo’ o è l’‘organo che crea la funzione’ tutto sommato resta ancora una questione di lana caprina, è possibile almeno cogliere/focalizzare la dimensione relazionale inter-implicativa e per così dire agglutinante del ‘fenomeno’.

Scrivo queste riflessioni spinta dalla gioia per le nuove proposte accademiche relative agli studi di genere, dai master e i dottorati dedicati ai numerosi seminari, e in generale per la viva sensibilità per le questioni che mi sembra si stia diffondendo anche in Italia. Questa circostanza abbastanza inedita mi ha fatto riprendere tra le mani un saggio di Christine Delphy del 1981 dal titolo Il patriarcato, il femminismo e i loro intellettuali, caratterizzato da quell’arte del sospetto che distingue il femminismo radicale e capace di porre una problematizzazione dei meccanismi di istituzionalizzazione.


Dario Melossi, analizzando lo sviluppo della democrazia negli USA, afferma: "Nel cuore culturale degli Stati Uniti - anche oggi, secondo me, afferma Melossi, il protestantesimo del New England, al di là qualunque cosa ci dicano i rappresentanti delle mode attuali del postmodernismo e del multiculturalismo, non c'era spazio per l'indulgenza fuorviante, autoritaria e profondamente conservatrice della tradizione cattolica. Giusto o sbagliato, nero o bianco: chi è o è percepito come dalla parte sbagliata della legge sarà punito".

Davvero oggi - nel momento in cui siamo al termine dell’era industriale, del grande arco storico teso fra la rivoluzione francese e la crisi climatica, Chernobyl e Fukushima - il nichilismo, che di quell’era è stato la massima espressione e le cui radici affondano profondamente nella tradizione occidentale, può continuare ad essere la prospettiva dominante e centrale?
I primi incontri di gruppo all’interno dell’IPM di Airola sono avvenuti nella primavera del 2016 per intervenire sulla gestione dell’aggressività, affrontare le dinamiche tipiche del contesto detentivo e quelle nascenti, soprattutto in seguito all’inasprirsi degli scenari sociali relativi alla lotta esterna tra clan, che si stava consumando nel Centro Storico di Napoli e che, nonostante il lavoro costante degli operatori, continuavano ad avere delle ripercussioni sul clima interno creando momenti di conflittualità e di refrattarietà al trattamento dovuto soprattutto dall’avvicendarsi di detenuti affiliati ai diversi clan camorristici, spesso in guerra, che esercitavano un’azione carismatica e talvolta di sopraffazione nei confronti dei detenuti comuni.

Riceviamo e pubblichiamo con piacere l'interessante e puntuale risposta di Francesco Maesano all'articolo di Gianluca Viola pubblicato su Tropico del Cancro il 2 luglio scorso.

Caro Direttore, nel corso del 2021 mi sono occupato del lavoro di formulazione della proposta per il Bonus Psicologo e della sua promozione al Senato, dove è stato adottato come emendamento da tutti i gruppi parlamentari. Il governo, allora, non ha ritenuto di inserirlo nella legge di bilancio. In seguito a quella bocciatura ho lanciato una petizione online per chiederne nuovamente l’approvazione. Una petizione molto fortunata, che ha ricevuto oltre 320mila firme e che ha sospinto l'inserimento del provvedimento nel cosiddetto “milleproroghe”.
À la carte
Flavio Favelli
Sono tanti anni che l’arte è chiamata a fare, interessarsi, possibilmente risolvere, a cose e faccende varie che non le competono. Spodestata dalla street art, oramai pitturificio a buon mercato al servizo degli outlet village e dell’industria culturale più squallida, l’arte è stata piano piano piegata alla volontà della politica e del gusto popolare che, in tempo di populismo reale, decidono ogni cosa. Quando ci sono dei problemi, e solo allora, si chiamano gli artisti, i quali fanno di tutto per rispondere a tono sull’argomento del momento.
Pier Vittorio
Monica Sarsini
Certo non eravamo felici, ma dell’amore ci dispiaceva di più non essere ricambiati che considerarne la mancanza, ci attraeva di più quell’assenza ottusa di un’intesa con un oggetto del desiderio del tutto inconsistente che la pretesa di una pienezza a noi distante. Dico noi perché in Biglietti agli amici è di questo che mi ha scritto, del fatto di confondere la vita con l’amore, il nostro argomento, quello che ci teneva uniti mentre vagabondavamo insieme per quelle strade della città lungo le quali lo accompagnavo a cercare un motivo per ridere e distrarci da tanto essere inutilmente affranti.

Arte, perché? © Eleanor Davis, 2018, per l'edizione italiana © add editore, 2021

Credo che l’assenza di una vera e propria saggistica a fumetti derivi almeno in parte dalla giovinezza del linguaggio, che sta giusto di recente e con una certa timidezza provando ad emanciparsi dalla “forma romanzo” che l’aveva fatto emergere dal pantano di pregiudizio in cui versava. E se da un lato è vero che gli esperimenti con il fumetto di poesia e con il fumetto astratto si fanno via via meno rari, così come una progressiva ibridazione mette in luce possibilità nuove, è anche vero che a lungo l’elemento cardine del fumetto – lo spazio bianco che separa le vignette – è stato inteso in termini puramente sequenziali e sottintendeva nessi causali, temporali o al più spaziali.

Fantasticheria
Ugo Cornia
Quella fantasticheria di una città senza più uomini, dove nessuno uscisse mai da una porta di casa e allo stesso modo non si vedesse neanche qualcuno che passeggia in qualche strada, in particolare riferita a Modena, come se la città di Modena fosse stata colpita da qualche grande e inimmaginabile sciagura da film di fantascienza, o da film horror, una qualche pestilenza che avesse reso Modena completamente priva di abitanti, io ancora non l’avevo mai fatta.
Lo Stato è un concetto filosofico, europeo, il controllo sociale è un concetto sociologico, americano. Entrambi si posizionano su crinali opposti di una frattura rappresentata dall’emergere delle società democratiche. (Melossi 1990).  Questa citazione, tratta dal libro di Dario Melossi The State of Social Control, imposta una triangolazione tra questi tre concetti: Stato, controllo sociale, democrazia. Vale la pena di rivisitarla alla luce dell’emergere della crisi del controllo sociale, salita alla ribalta a partire dagli anni 2020.