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Il Professore Eugenio Borgna, scienza e gentilezza
Maria Antonietta Magrini

15.12.2024

 

Ho incontrato il Professor Borgna Eugenio ormai molti anni fa grazie ad un altro professore, docente e persona davvero speciale che con quello ha condiviso percorsi di pensiero e la gentilezza nello stare nel mondo. Fu un incontro “di carta”. Il primo libro, appunto consigliato, fu La solitudine dell’anima. Non so quante volte lessi e rilessi quel testo. Me lo portavo nella borsa ed era come avere un amico sempre vicino. Da quell’incontro in poi è stato un susseguirsi di letture, una continua sollecitazione a leggere, leggere e ancora leggere per conoscere o recuperare autori, testi che nei discorsi di Borgna si collegavano a volte con “salti giganteschi”. Psichiatra di chiara fama, univa la scienza medica alla profonda consapevolezza che senza l’attenzione alla persona, alle sue parole, ma soprattutto ai suoi silenzi non si sarebbe mai potuto aiutare coloro i quali per gli altri sono “gli squilibrati”. Ho conosciuto le sue donne, le donne che sosteneva nella struttura in cui svolgeva la sua professione. Ho parlato con Emilia, con Francesca e mi è sembrato di essere lì. Ho letto poesie e testi con Antonia, con Etty con Simone e con tutte queste stelle splendenti che con eleganza infinita mi ha presentato. L’ultimo suo lavoro già nel titolo si presenta come un discorso profondo e sentito. L’ora che non ha più sorelle, un richiamo chiaro e netto a Celan, al mondo di questo poeta costellato di figure risplendenti e sonorità che fanno vibrare i cuori di chi legge. E Borgna, certo, conosceva bene la poetica e la persona di questo poeta. Attraverso poetesse, scrittori, pensatrici dava un senso al mondo e affrontava temi che molto spesso vengono solo osservati di sfuggita in questa nostra età della fretta e della riduzione di ciò che è complesso. Borgna affrontava la complessità dell’animo umano senza tralasciare niente e nessun movimento del cuore. Il suo mondo era pieno di uomini e donne che in comune con lui avevano la visione più sofferta della realtà. Una realtà che non si esaurisce in quel “qui ed ora” di cui oggettivamente abbiamo conoscenza, ma è costituita da ciò che si vede nella sua interezza come relazione con gli altri. Borgna sapeva guardare la persona con occhi disponibili a vedere anche ciò che si nasconde e che quindi si mostra proprio perché celato da facce inespressive o rabbiose o esageratamente ilari. Lo sapeva fare e lo insegnava e insegnerà sempre a tutti coloro che lo hanno conosciuto personalmente ma anche attraverso i suoi scritti. Come direttore dell’Ospedale psichiatrico di Novara, le donne del reparto femminile hanno fatto parte della sua vita e lui le ha accompagnate nei loro cammini di reinserimento, là dove fu possibile, nella vita familiare. Nei suoi testi le chiama per nome e ne ricorda gli occhi sfavillanti incendiati dal delirio che trovavano accoglienza in quel professore che passava il suo tempo ad ascoltarle.

 

Ricordo quando lo incontrai di persona, a Firenze, la mia Firenze. Ospite alle Oblate insieme facemmo un breve tratto di strada. Che emozione trovarmi davanti a lui. Di fronte a lui, molto più alto di me, mi sentii come un piccolo pulcino, un microbo al cospetto di una personalità così importante che occupava spazio senza presunzione, con garbo… Al tempo avevo messo insieme un piccolo libro sulla comunicazione a cui la casa editrice aveva voluto dare un sottotitolo che richiamava proprio il nome di Borgna. Nei fatti era un percorso di lettura condivisa, la mia, con quella dei testi del Professore. Ero titubante, non sapevo se avrebbe gradito questo richiamo. Da parte mia non mi interessava servirmi di quel nome per dare peso al mio lavoro, lo trovavo e lo trovo tuttora volgare. Decisi così che avrei prima chiesto a lui se ne avesse avuto piacere. La risposta positiva fu accompagnata da un ringraziamento per l’attenzione che avevo dedicato ai suoi testi. Lui, il Professore, ringraziava me, una scheggia impazzita nel mare dell’editoria, una sconosciuta che aveva cercato di mettere insieme un discorso su quanto in comune avevamo io e lui. L’importanza di parlarsi, di portare avanti un colloquio, uno scambio di emozioni, di silenzi, di sguardi. Questo era Eugenio Borgna. Un grande che come tutti i grandi uomini e le grandi donne riconosceva la genuinità di azioni semplici, ma sincere, senza secondi fini e ne traeva grazia, gioia e riconoscenza. Negli anni spesso è ritornato sul libro che avevo scritto, continuandone a rimanere emozionato. Altri anni sono passati, altre mail sono state scritte. In una delle ultime parlavamo dei giovani. Entrambi abbiamo a cuore queste giovani vite e vorremmo che venisse dato loro più speranza, più respiro, più gioia, più letizia. Non la felicità effimera e contingente, ma la serenità di un futuro che si apre, che porta possibilità di conoscere gli altri senza sentirli nemici, pericolosi, estranei. Insieme ci dicevamo che dobbiamo essere presenti, vicini a questi ragazzi, i nostri ragazzi. Il futuro del mondo. E lui lo era davvero attento e vicino. Era determinato e coraggioso. Non aveva timore di posizionarsi sempre con chiarezza. Come aveva fatto nei confronti delle pratiche “mediche” di contenimento o di altre diavolerie elettriche. Le aveva rifiutate con forza ed era stato attivo nei giorni della legge 180. Aveva fatto la sua parte con coerenza, senza perdere mai la grazia e la gentilezza che lo contraddistinguevano. Era capace di dire di no senza offendere nessuno. Sostenuto da una cultura coltivata con amore, riusciva a vedere dove gli altri si perdono e semplificando, annullano, negano ciò che non riescono a capire.

 

Negli anni ci siamo scambiati libri e spazi di dialogo, anche se a distanza. Doni preziosi per me che in ogni lettera trovavo sollecitazioni e appoggio. Aveva un interesse importante per la scuola, il mio mondo che con nessun altro cambierei. Ci scrivevamo di messaggi da veicolare e azioni da fare verso gli studenti. Amava i paesaggi d’acqua che io gli inviavo attraverso foto e testi. C’era sempre poesia in quello che scriveva e mi scriveva. Ho potuto ricevere saluti e attenzione davvero speciali. L’arrivo della posta mi riempiva di gioia. Le ho conservate tutte perché mi parleranno sempre, mi accompagneranno. L’ultimo messaggio all’inizio di novembre. Gli avevo fatto recapitare dei testi sulla storia locale di partigiani e guerra attraverso un conoscente comune. Non mancò la sua lettera di risposta. Impeccabile e sincero mi ringraziava di cuore per il dono ed era felicemente divertito per la rocambolesca maniera con cui lo aveva ricevuto. Il suo messaggio si concludeva con un “A presto”.

 

A presto, sì Professore. A presto perché ci incontreremo sempre nelle parole che ci ha donato, nei testi straordinari che ha scritto.

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