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La nostalgia del potere
Stefano Berni

10.11.2024
Il testo che segue è tratto dall'Introduzione al volume di Stefano Berni La nostalgia del potere. Schmitt, Arendt, Foucault, edito da IPS Edizioni.

Nel noto saggio sul politico Schmitt definisce il rapporto amico-nemico come la relazione costituente di cui si deve occupare la politica. Come bello e brutto sono i concetti che delimitano lo spazio di competenza dell’arte; il bene e il male i due estremi entro i quali si inserisce la morale; così, appunto, amico e nemico sono i due margini in cui si racchiude lo spazio della politica.

La definizione di nemico è stata quella su cui si è incentrato maggiormente il discorso schmittiano, tutto volto a ridurre il politico ad un’antropologia negativa di matrice hobbesiana, in cui l’uomo è definito come colui che è in grado di riconoscere l’altro solo nella forma di una minaccia, reagendo nei termini politici della guerra, una guerra intesa come rituale giuridico, una sorta di sublimazione della forza. La politica, rovesciando il famoso detto di Clausewitz, non sarebbe altro, per Schmitt, che la guerra continuata con altri mezzi.

Il nemico, per Schmitt, non è un concetto che descrive solo ciò che sta all’interno della politica statuale, e non equivale a annichilire qualsiasi avversario politico, ma serve anche per indicare ciò che sta al di fuori della politica dello Stato e del proprio territorio. Insomma, il nemico si identifica anche con l’hostis, lo straniero, colui che abita al di fuori del proprio recinto territoriale. Il nemico è soprattutto il nemico dello Stato sovrano e del suo popolo la cui intrinseca nazionalità è definita dall’appropriazione di un territorio su cui abita da secoli. Il territorio ‒ identificabile, quasi sempre nelle culture stanziali, con l’idea di nazione, ‒ è un costrutto che Schmitt sviluppa a partire dai suoi scritti quali Terra e mare e soprattutto Il nomos della terra.

Si capisce che in Schmitt il rapporto con l’hostis rientra nella sfera del diritto internazionale le cui leggi dovrebbero regolare i rapporti con i nemici o con gli amici. La logica di Schmitt segue uno schema geopolitico in cui vi è un interno, la propria polis, e un esterno, gli altri territori statuali. (Non dimentichiamoci che Stato è un termine inventato da Machiavelli che deriva dall’italiano stare, abitare. Interessante anche che il participio passato del verbo essere in italiano, stato, è lo stesso del verbo stare, come se essere e stare fossero strettamente collegati: siamo perché stiamo, abitiamo). Il nemico è principalmente il nemico pubblico, appartenente ad un altro Stato di cui si riconoscono i diritti in base a regole internazionali, attraverso le quali si dovrebbe far rispettare il suo territorio, le sue leggi e le sue consuetudini.

Ma le guerre, con buona pace di Schmitt, non scaturiscono quasi mai entro questa cornice di reciproco riconoscimento. Esse invece accadono proprio perché la maggior parte delle contese sono di natura prepolitica e vertono sull’accaparramento di spazi vitali. Si rivendicano, a torto o a ragione, parti del territorio in cui i vari popoli riconoscono la propria abitazione. Se qualcuno, privatamente, entra in un altro territorio, questi è tutt’al più un ospite (hospes), uno straniero che può essere accolto con benevolenza e anche con amicizia. Ma se questi vi entra per abitarvi e viverci o, peggio, per depredare e uccidere, colui che anticamente vi risiede, vuole far prevalere i suoi diritti e reagisce come reagirebbe qualsiasi animale.

Il modello simbolico e tellurico su cui Schmitt fonda il suo ragionamento giuridico è minacciato da un altro modello che il giurista tedesco individua nel sistema inglese, liberalista e economicista. Questo si sarebbe costituito storicamente sulla base di una concezione puramente marittima, talassica, nel momento in cui il popolo inglese ha iniziato a conquistare i mari e a dare vita ad un fenomeno coloniale e globalizzante. L’Homo eoconomicus avrebbe fondato un diritto diverso, in cui regola privatamente i rapporti individuali basati sulla concorrenza anziché sulla logica amico/nemico. Il concorrente, il competitor, non sarebbe altro che una persona giuridicamente riconosciuta come imprenditore di sé stesso pronto a competere con chiunque, e a spostarsi ovunque vi sia possibilità di commercio e ricchezza. Questo secondo modello, per Schmitt, avrebbe prevalso (si notino su questo punto le forti convergenze con Marx) e distrutto l’intero architrave del diritto pubblico lasciando che le contese si regolassero non più tra Stati ma tra privati. La crisi del diritto pubblico è la crisi dello Stato e della sovranità perché i mercanti non abbisognano che di un diritto privato, soggettivo, individuale ma che nello stesso tempo sia riconosciuto, mutatis mutandis, ovunque: la lex mercatoria. La concezione universale dei diritti umani sorregge e sostiene il modello globalizzante, individualistico e economicistico, cosicché gli stati nazionali, ormai, non debbono alimentare che questa necessità di governare il paese come si governa privatamente la propria casa (oikos-nomos significa, appunto, governo della casa). Tali Stati sono sottomessi al potere economico, il quale deve anche occuparsi della vita intima delle persone, quello che Arendt, riprendendo Benjamin, avrebbe definito come nuda vita (zoe) e il cui dispositivo di controllo è definito da Foucault con il termine di bio-politica.

La forte imposizione culturale e economica dell’Occidente si estende ormai in tutto il globo; in nome dei diritti umani universali (ma che invece appartengono solo a determinate aree occidentali il cui fondamento trova le radici non a caso nel cristianesimo) l’economia occidentale si è insinuata ovunque impoverendo interi continenti. La guerra si è camuffata da guerra giusta o intervento di pace. L’idea di nemico è sparita, tutti sono diventati, o devono diventare, amici assoluti, e anche il nemico è diventato assoluto e ha preso il nome di terrorista. Non si riconosce la potenza costituente del politico negando che dietro l’idea della guerra (e della pace) “giusta” si nasconde sempre una volontà di potenza in cui interessi economici, personali, privati deviano la discussione eminentemente politica su un piano morale i cui concetti non sono più riferibili alla coppia politica amico/nemico ma a categorie come bene/male, giusto/ingiusto.

© Stefano Berni, La nostalgia del potere. Schmitt, Arendt, Foucault, IPS Edizioni 2024

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